In Other Words (31 page)

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Authors: Jhumpa Lahiri

LEGGERE CON IL DIZIONARIO

D
i solito quando leggo in italiano non uso il dizionario. Solo una penna per sottolineare le parole che non conosco, le frasi che mi colpiscono.

Quando incontro una nuova parola viene il momento di decidere. Potrei fermarmi un attimo per impararla subito, potrei segnarla e andare avanti, oppure ignorarla. Come certi volti tra la gente che si vede ogni giorno per la strada, alcune parole, per qualche ragione, risaltano, quindi lasciano un'impressione su di me. Altre restano sullo sfondo, trascurabili.

Dopo aver finito un libro torno al testo per controllare assiduamente le parole. Mi siedo sul divano su cui sono sparsi il libro, il taccuino, alcuni dizionari, una penna. Richiede tempo, questo mio incarico zelante e rilassante. Non scrivo le definizioni in margine. Faccio un elenco sul taccuino. Prima, le definizioni erano in inglese. Ormai sono in italiano. Così creo una specie di dizionario personale, un vocabolario privato che traccia il percorso della mia lettura. Di tanto in tanto sfoglio il taccuino per ripassare le parole.

Trovo che questa lettura sia più intima, più intensa di
quella in inglese, precisamente perché io e la nuova lingua ci conosciamo da poco. Non veniamo dallo stesso posto, dalla stessa famiglia. Non siamo cresciute una accanto all'altra. Nel sangue, dentro le ossa, questa lingua non c'è. Nei confronti dell'italiano, sono attratta e al contempo intimidita. Resta un mistero, amato, impassibile. Di fronte alla mia emozione, non reagisce.

Le parole sconosciute mi ricordano che c'è tanto che non conosco in questo mondo.

Talvolta una parola può suscitare una reazione bizzarra. Un giorno, per esempio, scopro il termine
claustrale
. Posso azzardare il significato ma vorrei esserne certa. Mi trovo sul treno. Controllo il dizionario tascabile. La parola non c'è. Sono all'improvviso presa, stregata da questa parola. Voglio conoscerla subito. Finché non la capirò mi sento vagamente irrequieta. Per quanto sia un'idea irrazionale, sono convinta che scoprire cosa vuol dire possa cambiare la mia vita.

Credo che ciò che può cambiare la vita esista sempre al di fuori di noi.

Dovrei sognare un giorno, in futuro, in cui non mi serviranno più il dizionario, il taccuino, la penna? Un giorno in cui poter leggere in italiano senza gli attrezzi, così come leggo in inglese? Non dovrebbe essere l'obiettivo di tutto questo?

Penso di no. In italiano sono una lettrice più attiva, più coinvolta, anche se più inesperta. Mi piace lo sforzo. Preferisco le limitazioni. So che mi serve, in qualche modo, la mia ignoranza.

Nonostante le limitazioni, mi rendo conto di quanto l'orizzonte sia sconfinato. Leggere in un'altra lingua implica uno stato perpetuo di crescita, di possibilità. So che il mio lavoro, da apprendista, non finirà mai.

Quando ci si sente innamorati, si vuole vivere per sempre. Si vagheggia che l'emozione, l'entusiasmo che si prova, duri. Leggere in italiano mi provoca una brama simile. Non voglio morire perché la mia morte significherebbe la fine della mia scoperta della lingua. Perché ogni giorno ci sarà una nuova parola da imparare. Così il vero amore può rappresentare l'eternità.

Ogni giorno, leggendo, trovo delle parole nuove. Qualcosa da sottolineare, poi trasferire sul taccuino. Mi fa pensare al giardiniere che strappa le erbacce. Così come il giardiniere, so che il mio lavoro in fin dei conti è una follia. Qualcosa di disperato. Quasi, direi, una fatica di Sisifo. Non è possibile, per il giardiniere, controllare alla perfezione la natura. Allo stesso modo non mi è possibile conoscere, per quanto voglia, ogni parola italiana.

Ma tra me e il giardiniere c'è una differenza sostanziale. Le erbacce, per il giardiniere, non sono qualcosa di desiderato. Sono da sradicare, da buttar via. Io invece raccolgo le parole. Voglio tenerle in mano, voglio possederle.

Quando scopro un modo diverso per esprimermi provo una specie di estasi. Le parole sconosciute rappresentano un abisso vertiginoso, fecondo. Un abisso che contiene tutto ciò che mi sfugge, tutto il possibile.

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