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Authors: Dante

Paradiso (75 page)

               
nel gran fior discendeva che s’addorna

               
di tante foglie, e quindi risaliva

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là dove ’l süo amor sempre soggiorna.   

               
Le facce tutte avean di fiamma viva   

               
e l’ali d’oro, e l’altro tanto bianco,

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che nulla neve a quel termine arriva.

               
Quando scendean nel fior, di banco in banco

               
porgevan de la pace e de l’ardore   

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ch’elli acquistavan ventilando il fianco.

               
Né l’interporsi tra ’l disopra e ’l fiore   

               
di tanta moltitudine volante

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impediva la vista e lo splendore:

               
ché la luce divina è penetrante   

               
per l’universo secondo ch’è degno,

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sì che nulla le puote essere ostante.

               
Questo sicuro e gaudïoso regno,   

               
frequente in gente antica e in novella,

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viso e amore avea tutto ad un segno.

               
Oh trina luce che ’n unica stella   

               
scintillando a lor vista, sì li appaga!

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guarda qua giuso a la nostra procella!   

               
Se i barbari, venendo da tal plaga   

               
che ciascun giorno d’Elice si cuopra,   

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rotante col suo figlio ond’ ella è vaga,

               
veggendo Roma e l’ardüa sua opra,

               
stupefaciensi, quando Laterano

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a le cose mortali andò di sopra;

               
ïo, che al divino da l’umano,   

               
a l’etterno dal tempo era venuto,

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e di Fiorenza in popol giusto e sano,   

               
di che stupor dovea esser compiuto!

               
Certo tra esso e ’l gaudio mi facea

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libito non udire e starmi muto.

               
E quasi peregrin che si ricrea   

               
nel tempio del suo voto riguardando,

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e spera già ridir com’ ello stea,

               
su per la viva luce passeggiando,

               
menava ïo li occhi per li gradi,

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mo sù, mo giù e mo recirculando.   

               
Vedëa visi a carità süadi,   

               
d’altrui lume fregiati e di suo riso,

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e atti ornati di tutte onestadi.   

               
La forma general di paradiso   

               
già tutta mïo sguardo avea compresa,

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in nulla parte ancor fermato fiso;

               
e volgeami con voglia rïaccesa   

               
per domandar la mia donna di cose   

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di che la mente mia era sospesa.

               
Uno intendëa, e altro mi rispuose:   

               
credea veder Beatrice e vidi un sene   

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vestito con le genti glorïose.

               
Diffuso era per li occhi e per le gene

               
di benigna letizia, in atto pio

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quale a tenero padre si convene.   

               
E “Ov’ è ella?” sùbito diss’ io.   

               
Ond’ elli: “A terminar lo tuo disiro   

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mosse Beatrice me del loco mio;

               
e se riguardi sù nel terzo giro

               
dal sommo grado, tu la rivedrai

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nel trono che suoi merti le sortiro.”

               
Sanza risponder, li occhi sù levai,   

               
e vidi lei che si facea corona   

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reflettendo da sé li etterni rai.

               
Da quella regïon che più sù tona   

               
occhio mortale alcun tanto non dista,

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qualunque in mare più giù s’abbandona,

               
quanto lì da Beatrice la mia vista;

               
ma nulla mi facea, ché süa effige   

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non discendëa a me per mezzo mista.

               
“O donna in cui la mia speranza vige,   

   

               
e che soffristi per la mia salute

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in inferno lasciar le tue vestige,

               
di tante cose quant’ i’ ho vedute,

               
dal tuo podere e da la tua bontate

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riconosco la grazia e la virtute.

               
Tu m’hai di servo tratto a libertate   

               
per tutte quelle vie, per tutt’ i modi

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che di ciò fare avei la potestate.

               
La tua magnificenza in me custodi,   

               
sì che l’anima mia, che fatt’ hai sana,

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piacente a te dal corpo si disnodi.”

               
Così orai; e quella, sì lontana   

               
come parea, sorrise e riguardommi;

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poi si tornò a l’etterna fontana.

               
E ’l santo sene: “Acciò che tu assommi   

   

               
perfettamente,” disse, “il tuo cammino,

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a che priego e amor santo mandommi,   

               
vola con li occhi per questo giardino;   

               
ché veder lui t’acconcerà lo sguardo

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più al montar per lo raggio divino.

               
E la regina del cielo, ond’ïo ardo

               
tutto d’amor, ne farà ogne grazia,

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però ch’i’ sono il suo fedel Bernardo.”   

               
Qual è colui che forse di Croazia   

   

               
viene a veder la Veronica nostra,

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che per l’antica fame non sen sazia,

               
ma dice nel pensier, fin che si mostra:

               
“Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,

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or fu sì fatta la sembianza vostra?”;

               
tal era io mirando la vivace   

               
carità di colui che ’n questo mondo,

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contemplando, gustò di quella pace.

               
“Figliuol di grazia, quest’ esser giocondo,”   

               
cominciò elli, “non ti sarà noto,

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tenendo li occhi pur qua giù al fondo;

               
ma guarda i cerchi infino al più remoto,   

               
tanto che veggi seder la regina

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cui questo regno è suddito e devoto.”

               
Io levai li occhi; e come da mattina   

   

               
la parte orïental de l’orizzonte

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soverchia quella dove ’l sol declina,

               
così, quasi di valle andando a monte

               
con li occhi, vidi parte ne lo stremo

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vincer di lume tutta l’altra fronte.

               
E come quivi ove s’aspetta il temo   

   

               
che mal guidò Fetonte, più s’infiamma,   

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e quinci e quindi il lume si fa scemo,

               
così quella pacifica oriafiamma   

               
nel mezzo s’avvivava, e d’ogne parte

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per igual modo allentava la fiamma;

               
e a quel mezzo, con le penne sparte,   

               
vid’ io più di mille angeli festanti,

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ciascun distinto di fulgore e d’arte.

               
Vidi a lor giochi quivi e a lor canti

               
ridere una bellezza, che letizia

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era ne li occhi a tutti li altri santi;

               
e s’io avessi in dir tanta divizia   

               
quanta ad imaginar, non ardirei   

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lo minimo tentar di sua delizia.

               
Bernardo, come vide li occhi miei   

               
nel caldo suo caler fissi e attenti,   

               
li suoi con tanto affetto volse a lei,

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che ’ miei di rimirar fé più ardenti.

PARADISO XXXII

               
Affetto al suo piacer, quel contemplante   

               
libero officio di dottore assunse,   

3
             
e cominciò queste parole sante:

               
“La piaga che Maria richiuse e unse,   

   

               
quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi

6
             
è colei che l’aperse e che la punse.

               
Ne l’ordine che fanno i terzi sedi,

               
siede Rachel di sotto da costei   

9
             
con Bëatrice, sì come tu vedi.   

               
Sarra e Rebecca, Iudìt e colei   

               
che fu bisava al cantor che per doglia   

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del fallo disse
‘Miserere mei,’

               
puoi tu veder così di soglia in soglia   

               
giù digradar, com’ io ch’a proprio nome

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vo per la rosa giù di foglia in foglia.

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