Virus (38 page)

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Authors: Sarah Langan

Al centro dei corpi c'era la sua vecchia maestra, Lois Larkin. Non aveva più i capelli, e sembrava diversa. Ogni contorno morbido le si era indurito in uno spigolo. Gli altri corpi puntavano verso di lei, come per proteggerla. Il capo era lei, lo vedeva chiaramente. Da degno figlio di Miller Walker, Danny riconosceva un capo a prima vista.

Fiutò lo zolfo, e si sentì attratto verso di lei. Anche lui voleva proteggerla. Un occhio gli si aprì nella mente, e lui si accorse che lo guardava, anche se era ancora assopito. Camminò verso la cosa che era Lois. Pensò che forse poteva sdraiarsi accanto a lei, e aspettare il buio.

Proprio così, Danny
,
sussurrò lei dolcemente.
Mi prenderò io cura di te.

Arrampicandosi sulla catasta di corpi, inciampò sul fianco di qualcuno. Era Ryan Knoles, lo sbirro che una volta aveva cercato di arrestarlo perché guidava senza patente. Dalla pistola che teneva in tasca partì un colpo. Il proiettile gli sfiorò il bordo della scarpa e andò a conficcarsi dritto in testa a Ryan. Sanguinava (forse il mignolo del piede?), ma non molto. Temette che l'odore del sangue li risvegliasse. Che risvegliasse il loro appetito. La pistola si era arroventata e gli bruciava la coscia, ma lui non la spostò. Si ficcò in bocca la mano. Tutte e quattro le nocche. Strinse i denti con tutta la forza che aveva. Funzionò, ma non molto.

Sua mamma, suo papà, Lou McGuffin, il dottor Rossoff dell'ospedale che aveva implorato pietà. Erano tutti morti. Ma forse per loro era stato meglio così.

APRI BENE LA BOCCA, DANNY
,
gli ordinò lei, e questa volta la sua voce non era né femminile, né dolce.
PREMI IL GRILLETTO.

Danny arretrò. «No» biascicò piano con le nocche in bocca. Si succhiò le dita, e questo gli diede conforto. Avrebbe voluto ingoiarsi da solo. Nascondersi dentro la sacca del suo stomaco.

PREMI IL GRILLETTO!
urlò lei con un sibilo, la voce di una legione.

«No» disse lui, anche se sapeva che la voce avrebbe vinto se ci avesse parlato, proprio come con Miller. Mai discutere con un pazzo.

L'occhio della cosa sbatté le palpebre nella sua mente, e poi tutto cominciò a prudere. Le orecchie, la pelle, il sangue. Sentiva prurito in posti irraggiungibili. Cercò di raggiungerli comunque. Si tolse la mano di bocca e si grattò denti e orecchie fino a farsi male. Aveva ricominciato a piangere, ma non parlava più. Arretrò.

Fu allora che vide il corpo. Un cherubino glabro raggomitolato tra le braccia di Lois Larkin. Sembrava in pace. Sembrava innocente, come se tutti i problemi dentro la sua mente distorta fossero stati risolti. Sembrava felice.

Danny si tastò la pistola sul fianco. Si accucciò in cima alla catasta dei corpi. Ricordò a se stesso la testa di Miller sulla cancellata (
il re è morto
-
viva il re!
), e gli occhi di Felice sbarrati dal terrore, e i conigli, che un tempo erano stati bianchi.
Doveva
farlo. Lo doveva al ricordo del bambino che James era stato un tempo. Lo spirito dei suoi genitori non avrebbe mai trovato requie se non lo avesse fatto. Strisciò sopra i corpi. Sollevò la pistola. Dentro le orecchie provava un prurito così forte che avrebbe desiderato strapparsele.

CACCIATI UN PROIETTILE IN PETTO, RAGAZZO. TI MERITI UN BEL RIPOSO.
La cosa gridava da fargli scoppiare la testa.

Respirando con la bocca per non sentire il fetore, si arrampicò su braccia, gambe e colli gonfi. Quelli mutati solo a metà produssero schiocchi mentre le loro ossa fragili si frantumavano. Erano come serpenti che stavano cambiando pelle. Stavano cambiando... in che cosa?

Si fermò solo una volta a vomitare. Ma persino vomitare in quel posto, su quelle cose, lo faceva sentire vulnerabile. Non sono che tronchi, disse a se stesso. Ceppi per il camino. La cosa lo interruppe:
MENTRE LA PORTAVANO IN MANICOMIO, LEI VIDE CHE LA SALUTAVI. TI RICONOBBE, SAPEVA CHE ERI TU, SOLO NON VOLEVA PIÙ ESSERE TUA MADRE.

«Smettila» sussurrò Danny mentre si chinava sul corpo di suo fratello. Non voleva guardarlo, ma non poté fare altrimenti. Allontanò la mano gelida di James dal petto scavato di Lois, e lo girò sulla schiena. I corpi (
tronchi!
) sui quali si era inginocchiato non offrivano un sostegno stabile, e lui scivolò un poco, e si affannò per ritrovare l'equilibrio.

Del volto di James non era rimasta che pelle trasparente e ossa ispessite. La ferita alla spalla era già guarita, perfettamente rimarginata.

«Tu non sei più mio fratello» sussurrò Danny mentre appoggiava la pistola sulla tempia di James, per non sbagliare di nuovo mira. Il grilletto era premuto a metà quando la cosa gli strillò dentro:
PROVACI, RAGAZZO, E TI GIURO CHE TI APPENDO GLI INTESTINI INTORNO ALLA MACCHINA COME LUCETTE DI NATALE. DIRÒ A TUO FRATELLO DI MANGIARTI I COGLIONI.

Danny si era appoggiato alla spalla di Lois Larkin. La sentì schioccare. Forse si era rotta. Gli scappò un risolino, chiaro segno che stava perdendo la ragione.

RISCRIVERÒ IL CARTELLO DI BENVENUTO A CORPUS CHRISTI CON IL TUO SANGUE.

Danny si arrestò. Non badava più al prurito. Non faceva più caso al mucchio di corpi sui quali si era arrampicato. Era incazzato. Incazzato a sufficienza da chiedersi: se uccidi il capo, moriranno anche gli altri?

Danny cambiò bersaglio, puntando la pistola alla testa di Lois Larkin.

Il petto gli sobbalzava convulso: piangeva e rideva allo stesso tempo. Gli occhi della cosa si spalancarono dentro di lui, mostrandogli tutto ciò che aveva fatto. Le civiltà che aveva mandato in rovina. La fame che aveva suscitato, che si alimentava di se stessa senza fine, fino a quando gli infetti erano gonfi come zecche satolle, e i sopravvissuti si vedevano ridotti a scheletri. Alla fine, persino i sani morivano, perché non era rimasto niente da consumare.

Danny rideva. Non riusciva a fermarsi. Si puntò la pistola alla tempia. Lou McGuffin. Lui era più forte di Lou McGuffin.

Avrebbe dimostrato a sua madre quant'era forte. Col cazzo che si piantava uno spazzolino da denti nel cuore. Lui si sarebbe sparato in testa! Continuava a ridere. Non riusciva a smettere. Rideva così forte che dimenticò di respirare dalla bocca. Fiutò lo zolfo. Dopo un po', smise di ridere.

Cominciò a retrocedere. Un ginocchio e poi l'altro, su quel legno cedevole. Un ginocchio e poi l'altro, fino a ritrovarsi accanto a James. Questa volta non stette a rifletterci. Puntò la pistola e premette il grilletto una, due, tre volte. Accadde così in fretta che non vide i proiettili lacerare il petto di suo fratello. Vide solo il corpo che sussultava, come colpito da una raffica di pugni.

Mamma e papà e Dio e James, perdonatemi
,
pregò in silenzio mentre suo fratello apriva gli occhi neri. Perse il controllo dello sfintere con un minuscolo rilascio d'aria. James ringhiò, e Danny capì di aver mentito a se stesso. Virus o non virus, il suo fratellino lo odiava. Lo aveva sempre odiato. La scoperta gli spezzò un po' il cuore.

«Mi ha detto che sarei diventato io il re, e tu il giullare. Ti avrebbe reso demente, come un tempo ero io» sussurrò James, e Danny scosse il capo. Era anche lui figlio di Miller, non l'aveva capito che quelle promesse erano bugie?

James chiuse gli occhi. Danny gli tastò il polso. Il battito rallentò, e poi si arrestò del tutto. Danny lo prese in braccio e lo portò lontano dagli altri corpi. Il terreno umido era soffice, e con le mani scavò una fossa poco profonda. Ci seppellì suo fratello.

Quando ebbe finito, il sole era basso e capì che per quella notte avrebbe dovuto tornare a Corpus Chisti. Avrebbe cercato rifugio, e sarebbe partito l'indomani mattina, per avere davanti a sé tutte le ore di luce del giorno. Guardò di nuovo Lois Larkin. Gli restavano ancora due proiettili.

Puntò la pistola, mirandole alla testa. Sparò un colpo. Mancò. Sparò di nuovo. Mancò. Sparò ancora, ma questa volta il caricatore era vuoto. Nel preciso istante in cui il sole svanì all'orizzonte, Lois Larkin emise un ululato assordante.

Non voleva vederle aprire gli occhi. Come un campione di atletica, con i piedi che gli sbattevano sul culo, si precipitò alla macchina. Se fosse riuscito a sopravvivere alla notte, la mattina dopo si sarebbe lasciato Corpus Christi alle spalle. Qui non c'era più niente per lui. Non c'era mai stato.

 

30.

Dalla morte alla vita

 

Gli ultimi raggi del sole strisciavano all'orizzonte. Gialli, poi rossi, poi cupi, poi niente. Lois non distingueva più i colori. Solo ombre e sagome. Il mondo era in sfumature di grigio. Anche i suoi pensieri non erano più gli stessi. Voleva solo sopravvivere, mangiare, trovare un luogo buio per dormire. Era una vita più semplice, e non rimpiangeva né provava nostalgia per quello che era stata. Non rimpiangeva sua madre, il cui cuore, stranamente, non le aveva lasciato l'amaro in bocca.

La domenica sera, si svegliò in una radura. Il sole non feriva quelli della sua specie, ma li sprofondava nel sonno come bambole che chiudono gli occhi appena sdraiate. Gli altri non sognavano, né ricordavano il giorno. Il loro sonno era profondo, e mentre dormivano i loro corpi mutavano. Ma lei era diversa. Avvertiva ciò che accadeva intorno a lei anche quando il sole brillava.

Per un momento, aveva avuto paura. Danny Walker le aveva spezzato le ossa, e un proiettile le aveva sfiorato una gamba. Ma poi se n'era andato, e con lui la minaccia. D'ora in avanti avrebbe dormito al chiuso.

Il suo corpo era cambiato. Aveva il busto più lungo, e gomiti e ginocchia più robusti. In piedi le faceva male la schiena; preferiva muoversi carponi. Stava diventando uguale al virus che viveva dentro di lei. Capelli e ciglia le erano caduti come petali di margherita: centinaia di desideri sulla punta delle sue dita, ma lei non desiderava che una cosa: sangue.

Era circondata dai corpi. Mille, duemila. Cinquemila. Più di quanti potesse contarne. Al suo risveglio la domenica sera, le sue ossa spezzate si erano già ricalcificate. Quel luogo guariva ogni taglio, ogni ferita. Là ogni cosa era temporanea in eterno.

Nei suoi sogni la sua anima viveva sottoterra. Era stata separata da lei. Invece che consumare il suo corpo, i vermi le divoravano l'anima. Nei suoi sogni non era il virus a risvegliarle la fame: era il suo corpo, che anelava al suo compagno. Era la cenere che aveva in bocca dal patto siglato con un amante che non era nemmeno umano.

Ma erano solo sogni, per l'appunto.

Lei non aveva rimpianti, naturalmente.

Si alzò, e tutto intorno a lei i bambini si misero in ginocchio. Il virus era estinto, toccava a lei dare la direzione. Erano un tutto, migliore delle sue parti. Lei aveva un piano. Stavano consumando il cibo troppo in fretta, e senza discernimento. Stavano creando troppi esseri della loro specie. Avrebbero dovuto essere più selettivi nella diffusione del virus, e coltivare le proprie scorte. Così, dopotutto, sarebbe diventata una scienziata.

Si toccò il ventre. Nemmeno in quel gesto fu delicata. La cosa nella sua pancia non si era adattata alla metamorfosi, e durante il giorno era morta. Non ci furono crampi. Non ci fu dolore. Le sarebbe rimasta in grembo per sempre. Una cosa morta.

Sottoterra, la vecchia Lois Larkin cominciò a gridare, e lei fu contenta di averla seppellita. Odiava quella donna.

Aprì gli occhi, e condusse il suo esercito strisciante nella notte.

 

31.

Il grumo nel letto

 

La domenica sera, Graham Nero si svegliò di soprassalto. Erano anni che non si sentiva così bene. Forte, vigoroso, un superuomo con i controcoglioni. La stanza era buia, ma lui riusciva comunque a distinguere il disegno floreale sul copriletto e la tappezzeria gialla. Vedeva ogni fibra e particella di polvere dello strato di pulviscolo sottile sospeso sulla fitta moquette blu. Sentiva il belare fioco della mocciosa.

Accanto a lui nel letto c'era un grumo. Non era mai stata altro che quello. Un inutile, informe peso morto. Era rimasta incinta una settimana dopo il matrimonio. Gli aveva detto che la pillola non era mai sicura al cento per cento, ma lui non era mica scemo. Aveva telefonato al farmacista. Erano mesi che lei non rinnovava la ricetta!

Aveva dato le dimissioni dal lavoro di capo-segretaria del suo ufficio per occuparsi della mocciosa, e lui si era ritrovato a cavarsela da solo con il mutuo della casa che avevano comprato al picco del boom di mercato. Ottocentomila dollari sono un mucchio di cene a base di bistecca, soprattutto quando il tuo socio in affari non riesce nemmeno a racimolare quanto basta a coprire la tassa associativa del country club. Quando l'aveva incontrata, gli era parsa una donna capace di badare a se stessa. Era efficiente al telefono, dattilografava quaranta parole al minuto, indossava completi in saldo per niente eleganti ma che le evidenziavano le curve in tutti i posti giusti. Non aveva intuito cosa stesse in agguato dietro la facciata.

Ora lei lavorava part-time alla distribuzione del
Corpus Christi Sentinel.
Una volta ogni due mesi le davano un contentino e le permettevano di scrivere uno dei suoi articoli strappalacrime, pezzi di interesse umano sui ricoveri degli ex carcerati o sugli adolescenti tossici di crack. Era una vita che sognava di diventare scrittrice. Una volta la settimana si concedeva a lui, per ringraziarlo di averla mantenuta in tutti quegli anni. Come se avesse avuto alternative. Dopo essere rimasta incinta, la banca le aveva comunicato che, se non fosse tornata al lavoro a tempo pieno, tanto valeva che sgomberasse la scrivania.

Era stato quello a piacergli di Meg Wintrob. Lei se la guadagnava da sola la pagnotta. Se voleva qualcosa, non metteva il muso: si metteva a urlare. L'altro giorno desiderava davvero che lo seguisse nella stanza 69 del Motel 6. In mancanza di meglio, si era dovuto accontentare di una minorenne rimorchiata al bar. Carne giovane, e adesso la sua stanza preferita al motel era uno scempio.

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